Fiordi ovest
Ci svegliamo poco prima delle 7 ancora avvolti da una nuvola che ci consente una visibilità limitatissima. Fa freddo e c’è un gran vento. Passano rarissime auto. Riprendiamo la strada n. 59 in direzione ovest, uscendo piano piano dalle nubi della “montagna”. Notiamo che spesso al mattino é nuvoloso con nuvole basse che poi, con il passare delle ore, tendono ad alzarsi. Ugualmente consideriamo come, passando da un fiordo all’altro o dalla costa all’entroterra, il clima a volte cambi radicalmente. Incontriamo le solite pecore, prevalentemente bianche, qualche volta con il pelo scuro, marrone o nero, ma in genere queste ultime tendono a fare gruppo per conto proprio.
La porta dei fiordi occidentali
Arriviamo all’imbocco dei fiordi ovest che ancora é nuvolo, seppure tenda ad aprirsi. In qua e in lá penetra un raggio di sole e l’erba si incendia di un verde acceso indimenticabile. In compenso fa un gran freddo e tira un vento che a momenti strappa via le portiere della macchina ogni volta che tentiamo di aprirle. Iniziamo a percorrere i fiordi della costa meridionale di questa parte occidentale dell’isola, che costituiscono, in miniatura, un assaggio dei più pronunciati fiordi rivolti a ovest e a nord della regione di Westfjords. Piano piano il cielo si apre e ci lasciamo le nuvole alle spalle, come preannunciato dalle previsioni meteo che abbiamo consultato ieri sera su vedur.is. Percorriamo lunghi tratti di strada senza incontrare nessuno.
Il tratto dal Þorskafjörður al Vatnsfjörður è sterrato ma in discrete condizioni, dopodiché riprende l’asfalto che ci accompagnerà fino all’inizio della strada n. 612. I colori sono eccezionali: ai verdi accesi si accompagnano varie sfumature di azzurro e blu del mare, spesso bordato da un alone di alghe verdi o arancioni in prossimità degli scogli neri in cui si frastagliata la costa. Ci fermeremmo ad ogni angolo! Continuiamo ad essere accompagnati dalla presenza di pecore, qui più timorose rispetto a quelle del resto dell’isola. Ne vediamo tre in mezzo alla strada che, al nostro avvicinarsi, scappano via trottando impaurite.
Hellulaug hot spring
Dopo un primo tratto abbastanza selvaggio, cominciano a ricomparire fattorie con grosse balle di fieno avvolte in teli colorati, pecore, mucche e cavalli neri al pascolo. Al piccolo abitato di Flókalundur (tre case), dove arriviamo verso l’ora di pranzo, ci fermiamo per fare rifornimento ad una stazione di servizio N1 (sempre più rare in questa regione), in modo da fare anche acqua per continuare ad essere autonomi. Poco prima del paese avevamo notato il cartello di accesso ad un parcheggio recitare “Hellulaug”. In realtà la pozza alimentata da acqua geotermale così chiamata ci risulta essere oltre Flókalundur… abbiamo anche letto però che, nel tempo, é stata spostata, forse in seguito al prosciugamento della relativa fonte di alimentazione. Torniamo quindi indietro fermandoci al parcheggio. Ci sono altre cinque macchine. Ci affacciamo verso la costa e intravediamo, poco sotto, la pozza con alcune persone dentro. Dopo che un gruppetto di 7-8 ragazzi si allontana in macchina, ci infiliamo il costume e, direttamente in ciabatte, imbocchiamo il sentiero che parte dal parcheggio: in due minuti siamo alla hot pot. Spettacolare!! Quasi una infinity pool!
Dentro c’è una coppia la cui intimità non sembra particolarmente turbata dalla nostra presenza. Ci spogliamo di vestiti e asciugamano e, rapidi anche per via del vento, siamo subito in acqua. Meraviglioso! La pozza è molto più pulita di quella di ieri, con acqua cristallina che consente di vedere il fondo ghiaioso. Lateralmente le rocce sono disposte a formare sedute in acqua a varie altezze. Godiamo della temperatura della hot pot di 38 gradi. Diversamente dall’altra sperimentata, qui la temperatura non aumenta avvicinandosi al punto di fuoriuscita dell’acqua. Dopo un po’ si aggiunge una famiglia di tedeschi, mamma e due bambini, tutti e tre biondissimi. Lasciamo loro la pozza e ci rimettiamo in marcia lungo la strada costiera n. 62 che, proseguendo, abbandona il mare per attraversare la penisola di Látrabjarg, portandoci sulla costa settentrionale di essa.
Il relitto del Garðar BA 64
Poco oltre ci imbattiamo in un altro “point of interest” molto atteso: il relitto del peschereccio Garðar BA 64 che, con la sua possente sagoma rossa, si staglia contro il verde dell’erba e il blu del cielo e del mare. Do sfogo al mio polarizzatore! Abbiamo la fortuna di visitarlo in solitaria. Soddisfatti, riprendiamo la strada verso il promontorio occidentale della penisola e, dopo poco, ci ritroviamo sullo sterrato.
Le spiagge dorate di Rauðisandur
Dalla strada n. 612 imbocchiamo la n. 614 che riattraversa la penisola per condurci alle spiagge di Rauðisandur. La carreggiata ha il fondo sconnesso e non presenta alcun tipo di protezione laterale pur essendo a tratti molto esposta. La guida richiede molta attenzione anche perché incontriamo alcune macchine e furgoni che vengono in senso opposto. Una volta valicato il passo ci si presenta una bellissima baia con lingue di sabbia color arancione. Di nuovo tante pecore, spaventate dalla presenza delle auto e, ancora, rare fattorie con distese di campi verdi costellati di balle colorate, prevalentemente rosa e bianche.
Lungo la strada troviamo un piccolo cimitero dominato da una improbabile chiesetta nera come la pece (molto fotogenica!). Percorriamo la strada fino al suo termine, a Keflavik, dove parcheggiamo e ci avventuriamo a piedi verso la spiaggia. Attraversiamo campi cosparsi di balle bianche seguendo un ruscello che dobbiamo più volte saltare. In un quarto d’ora arriviamo al mare, che ci si presenta attraversato da lingue di sabbia di differenti colori, ocra e giallo intenso, quasi arancione. Sulla spiaggia ci sono miriadi di uccelli, probabilmente sterne artiche. Qualche scatto e torniamo al furgone perché il tempo stringe e abbiamo ancora parecchia strada sterrata da percorrere oggi.
La penisola di Látrabjarg
Ci ricongiungiamo con la strada n. 612 che imbocchiamo verso sinistra, ovvero verso la parte più estrema della penisola di Látrabjarg. Incontriamo la bella e ampia baia di Hnjótur, caratterizzata da colori fortemente contrastanti, sabbia chiara e oceano blu intenso, con lingue sabbiose che si protendono nell’acqua e i fiordi settentrionali sullo sfondo. Uno spettacolo! La strada segue la baia e, nella parte più interna, una zona a prato la separa dalla spiaggia.
Procediamo e, attraversata la penisola in senso est-ovest, troviamo un’altra baia, con un minuscolo paesino e la spiaggia di Breidavik, anch’essa stupenda.
Dopo la successiva e ultima spiaggia di Hvallátur, di sabbia bianca, troviamo il campeggio libero di Brunnar: un immenso prato delimitato da un cordone fissato a paletti metallici con un casotto contenente due bagni puliti e ottimamente tenuti. Il mare da una parte e il promontorio montuoso dall’altra. In una delle recensioni sul web leggiamo che il campeggio si trova su un terreno privato e che sono gli stessi proprietari a metterlo a disposizione gratuitamente (update 2023: il campeggio non sembra essere più esistente).
La colonia di pulcinella di mare
Ci fermeremo qui dopo la nostra ultima tappa: la scogliera dei pulcinella di mare proprio sulla punta della penisola di Látrabjarg. La scogliera si trova subito oltre il campeggio, a tre minuti di macchina. Tira un vento fortissimo. Dotati di teleobiettivo e cavalletto, ci bardiamo e usciamo a caccia di pulcinella. Camminare lungo il bordo della scogliera dove i puffins si annidano é faticoso e anche un po’ pericoloso per via del vento fortissimo che tira dalla terra verso il mare, con raffiche improvvise. Ne vediamo molti meno rispetto a Borgarfjörður Eystri ma la luce, qui, è più bella.
Posizioniamo il cavalletto e qualche bello scatto viene fuori! Siamo piuttosto infreddoliti così, dopo aver battuto bene la scogliera, torniamo al campeggio dove ceniamo sempre con il sole nel cielo. Indubbiamente é stata la giornata più intensa e di soddisfazione, sia per i meravigliosi luoghi visitati che per l’incoraggiante clima trovato.
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