Valley of Fire
Dopo una notte ventosa ma calda ci svegliamo nell’area di campeggio libero del BLM lungo Sand mine road vicino alla Valley of Fire. Alle 8 del mattino ci sono già 84° Fahrenheit - quasi 29° C!.
Valley of Fire
Ci dirigiamo verso l’ingresso dello State park della Valley of Fire. Qui, accanto alla formazione rocciosa dell’Elephant rock, troviamo una buchetta dove inserire in autonomia l’obolo di 10 $ per accedere al parco con l’auto.
Iniziamo a percorrere la Valley of Fire highway fino a raggiungere un’altra formazione rocciosa, quella delle Seven sisters. Da qui imbocchiamo la Mouse tank road e ci fermiamo al visitor center, localizzato accanto alla Balanced rock per dare un’occhiata generale e fare acqua. Nel parcheggio notiamo con grande sorpresa una bighorn sheep con corna ritorte che attraversa il parcheggio stesso in grande tranquillità.
Proseguiamo per la Mouse tank road, detta anche White dome road, che si snoda all’interno del parco verso nord. Imbocchiamo la strada laterale Fire canyon road fino in fondo, dove parcheggiamo e percorriamo a piedi il breve sentiero fino al belvedere. La vista si apre sul Fire canyon e sul Silica Dome: dopo una serie di articolate rocce color sabbia, ecco la fascia di roccia “infuocata” dai toni tendenti al rosso brunito. Ci dirigiamo ora verso la prossima tappa, il “pezzo forte” del parco, la Fire wave.
Fire wave
Non essendo riusciti a visitare la nota The Wave in Arizona per via della logistica legata alla relativa lotteria, molto restrittiva, siamo decisi a vedere almeno questa formazione. La raggiungiamo attraverso un facile sentiero di 2,5 km che, causa l’alta temperatura, impieghiamo circa mezz’ora a percorrere. Presso il visitor center vengono indicate quotidianamente le temperature previste nel corso della giornate e i limiti oltre i quali alcuni sentieri sono sconsigliati o addirittura interdetti. Questo itinerario, per esempio, andrebbe evitato con temperature superiori a 85° Fahrenheit, limite che oggi sfioriamo. Ci avventuriamo con molta attenzione, portando con noi tanta acqua, con l’intenzione di trattenerci poco. Il sentiero non è ben indicato, più volte usciamo dalla traccia per poi riprenderla: la direzione comunque è chiara, in quanto le immense rocce su cui stiamo camminando cominciano a riempirsi progressivamente di striature di cromie rosso-aranciate.
Finalmente raggiungiamo la Fire Wave vera e propria, attorniata da un piccolo gruppo di viaggiatori provenienti dall’estremo Oriente. Piuttosto fotogenica, la consideriamo il “contentino” per non essere riusciti a visitare la più nota The Wave. Torniamo alla macchina, effettivamente un po’ provati dall’alta temperatura. Decidiamo di concludere la visita al parco percorrendo fino in fondo la Mouse tank road, che termina poco oltre presso le White domes. Anche qui si staglia davanti a noi uno scenario di imponenti monoliti di svariate cromie. Ci limitiamo a qualche foto in zona senza avventurarci ulteriormente per sentieri. Ripercorriamo la Mouse tank road verso sud fino ad imboccare nuovamente la Valley of Fire highway. Complessivamente questo parco ci sembra caratterizzato in prevalenza da rocce rosso-arancio che ricordano un po’ una sorta di crumble. Lungo la strada ci fermiamo alle formazioni rocciose note con Beehives in quanto ricordano - vagamente - degli alveari. Ai limiti del parco adocchiamo in mezzo ai cespugli un’altra bighorn sheep, intenta a mangiare foglie da alberi bassi.
Hoover Dam
A questo punto la nostra visita ai parchi è ufficialmente terminata! Ci dirigiamo ora verso Las Vegas. Per il tempo che ci rimane, su desiderio dell’ingegnere che è in Ste, ci rechiamo alla Hoover Dam, l’imponente diga situata a sud-est della città, posta lungo il corso del Colorado river a formare il lake Mead. Diversamente da quanto ci immaginavamo, la diga è visitatissima ed è dotata di un articolato sistema di gestione delle visite che prevede innanzitutto un parcheggio multipiano dove lasciare l’auto. Ci sono vari tipi di tour caratterizzati da durata e livello di approfondimento differenti: ovviamente Ste spinge per quello più lungo e accurato, il Guided dam tour della durata di 1h 30’ al costo di 30 $ a persona. Questo tipo di visita non è prenotabile online quindi fino all’ultimo temiamo di non trovare posti disponibili. Riusciamo invece a comprare i biglietti per l’ultimo tour della giornata. La visita ci porta ad esplorare i tunnel che conducono ai vari livelli della diga, con affacci verso l’esterno attraverso griglie di ventilazione piuttosto vertiginose; visitiamo poi la power plant lato Nevada, con i relativi otto generatori. La diga infatti si sviluppa sul confine fra lo stato del Nevada e quello dell’Arizona. Ci viene infine illustrato come la lungimiranza dell’epoca abbia portato a costruire la diga pensando già di renderla visitabile. Terminata la visita, i nostri piani prevederebbero una tappa alla Lake Mead recreational area ma cominciamo ad essere un po’ stretti con i tempi.
Vegas
Optiamo quindi per tornare direttamente verso Las Vegas dove trascorreremo la parte finale del viaggio. Su consiglio della nostra amica Cate, che vive negli States da anni, abbiamo scovato il negozio della catena Traders Joe’s, dove acquistiamo qualche ricordo da portare a casa. La Cate ci aveva spiegato che la scelta è volutamente limitata in quanto, per ogni tipologia di prodotto, viene da loro selezionata e venduta una sola marca (quella che ritengono essere la migliore). L’unico aspetto di cui ci siamo resi conto solo in loco è che di alcuni prodotti sono state selezionate marche di importazione e questo limita un po’ la nostra scelta in quanto ci teniamo a portare in Italia esclusivamente prodotti locali.
Neonopolis
L’ora di cena si avvicina: abbiamo provato a cercare su Google “the best burger in Vegas”. Puntando su un locale facilmente raggiungibile in auto e che ci consenta anche di avvicinarci alla famosa Strip, scegliamo Heart attack grill, situato all’ingresso del quartiere Neonopolis. Lasciamo la macchina al vicino parcheggio a pagamento Fremont e ci rechiamo al locale dove, attraverso le pareti vetrate, notiamo che tutti i clienti indossano un camice da ospedale. All’ingresso ci accorgiamo che è specificato il solo pagamento cash. Siamo quindi costretti a prelevare presso l’ATM presente nel locale - di quelli che aggiungono laute commissioni - cosa che avremmo voluto evitare trattandosi dell’ultima sera in USA. Entriamo nel locale e, una ragazza vestita da infermiera vagamente sexy ci accoglie, invitandoci ad indossare ciascuno un camice sopra i vestiti. Ci sediamo e ordiniamo hamburger con patatine e coca cola. Mentre aspettiamo, apprendiamo una delle “regole del gioco””: se non finisci di mangiare quello che ti viene portato - e le porzioni sono abbondanti - un’ “infermiera” viene a prenderti al tavolo, dichiara pubblicamente che non hai finito il pasto e ti “sculaccia” al centro del locale con una sorta di frustino di pelle che fa molta scena ma che di fatto non sembra faccia veramente male. Ste mi aiuta a finire il mio enorme panino in modo da scamparla!
Usciti dal locale facciamo un giro per Neonopolis, che si sviluppa principalmente attorno ad un’ampia galleria commerciale con locali e attività di vario genere: casinò, venditori di cibo, bancarelle e allestimenti vari. Musica a tutto volume, luci colorate ma soprattutto un odore di canna ovunque all’aperto, come se ci trovassimo in una stanza chiusa con dieci persone che fumano contemporaneamente. Vediamo gente agghindata nei modi più assurdi, ragazze semisvestite o con abbigliamento sexy a tema, saltimbanchi, indovini e chi più ne ha più ne metta! Uno degli aspetti che ci colpisce di più sono i “predicatori”, agghindati da santoni, che girano con cartelli, microfono e casse audio proclamando: “Gesù c’è e ti guarda”, “sei ancora in tempo”, “segui la strada del Signore” e così via. Ritroveremo questo forte contrasto di “peccato” e “penitenza” anche sulla Strip.
The Strip
Vista Neonopolis, quindi, torniamo alla macchina e ci dirigiamo verso l’Oyo Hotel & Casino, che ormai conosciamo, dove lasciamo la macchina gratuitamente. La via per uscire dal parcheggio è tramite ascensori che fanno passare obbligatoriamente per il casinò (mica scemi!). In breve arriviamo all’inizio della Strip che cominciamo ad esplorare immersi nella bolgia di gente. Gli attraversamenti pedonali sono quasi tutti sopraelevati e questo, unito alla grande quantità di persone in giro, rallenta inevitabilmente la progressione. Il clima è lo stesso respirato a Neonopolis. Dalla finta Statua della Libertà raggiungiamo “Parigi”, il Bellagio, il Cesar Palace, arrivando fino a “Venezia”. Da qui, assaporata a dovere l’atmosfera caratteristica di Las Vegas, torniamo all’Oyo, recuperiamo la macchina e ci spostiamo nel più tranquillo parcheggio del locale Sierra Gold lungo la South Eastern Avenue, che ci pare relativamente adatto per dormire senza dover stare ad uscire dalla città. Andiamo a letto a mezzanotte passata.
Il mattino seguente prepariamo i bagagli, torniamo all’Oyo dove lasciamo la macchina noleggiata su Turo e, con Uber, arriviamo in aeroporto. Il nostro tour del ritorno prevederebbe Las Vegas > Seattle > Amsterdam > Bologna. Il volo Delta KL 7639 per Seattle però, viene cancellato. A questo punto veniamo imbarcati un paio d’ore dopo direttamente su un volo per Amsterdam, risparmiandoci così uno scalo. Da qui, dopo un’altra sosta a Schiphol, prendiamo il volo per Bologna dove arriviamo a metà pomeriggio.
Tips Valley of Fire state park: accesso 10 $/veicolo targato Nevada; 15 $/veicolo di altri stati
Hoover Dam: accessibile esclusivamente mediante visite guidate. Guided dam tour: 30 $/persona, durata 1h30’, non prenotabile online
Heart attack grill, Las Vegas: hamburger per due 40 $; le porzioni sono abbondanti
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